Travolto da un inaspettato Gaglioppo

Ricordo ancora la data: era il 1° maggio quando a pranzo stappai una bottiglia di Gaglioppo di ‘A Vita, annata 2010.
Fu una specie di folgorazione….avete presente l’espressione del critico gastronomico nella scena finale di Ratatouille, ecco più o meno così. Da quel giorno sento l’esigenza di esternare queste mie sensazioni.

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Dire che il vino mi sia piaciuto è riduttivo, una banalizzazione. Dentro a quel calice ho trovato quell’emozione, quella quintessenza che vanno ben oltre ad un’ordinaria analisi organolettica e che rappresentano la frontiera tra un buon vino e un grande vino. Ebbene questo Cirò Classico Superiore ha valicato tale confine rimanendo incastonato tra le mie circonvoluzioni cerebrali e custodito nei miei cassetti mnemonici.
Un’insolita olfazione, un non so che di “nebbioleggiante”, ha spinto la mia curiosità ad inoltrarsi in una ricerca su questo autoctono calabro per cercare di saperne di più. Questi profumi mi avevano fatto scattare l’idea di una sorta di parentela genica tra il Gaglioppo ed il più noto collega piemontese, idea che però non ha trovato riscontri nelle fonti consultate, sia cartacee che digitali. Uniche somiglianze la lenta maturazione, il colore scarico e una importante quantità di tannini.

cirò A'Vita

Ma ciò non toglie che un uva in grado di regalare un vino così (senza togliere a Cesare quel che è di Cesare, ovvero la mano del viticoltore è basilare per il risultato finale) è inevitabilmente una grande uva, spesso troppo poco considerata nell’enorme panorama viticolo italiano ma che ha le carte per riesedere nell’olimpo dei vigneti.
Profumi carnosi, di spezie e frutta anticipavano un liquido potente e succoso, che si presentava con grande finezza ed eleganza per lasciare un ricordo davvero lungo. Non avrei mai smesso di berne.
Da quel giorno mi son ripromesso che non deve più mancare nella mia cantina.

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16 commenti su “Travolto da un inaspettato Gaglioppo”

  1. valerio rosati Says:

    Di gaglioppo ti consiglio anche l’Aris di Sergio Arcuri. Per restare in Calabria, consiglio anche anche un gran bel vino che col gaglioppo non c’entra niente (è un blend di nerello mascalese e nerello calabrese), ma vale davvero la pena: Rosso Palizzi di Az. Agr. Altomonte.

  2. gian paolo Says:

    ecco un mio vino preferito…giusto per curiosità trovai una singolare somiglianza con un buonissimo Etna rosso di Calabretta-che nebbioleggiava un bel po’ anche lui.E poi Francesco è un bravissimo ragazzo sempre -per lo meno io l’ho sempre visto così :)- sorridente.Ciao e continua bere !!GP


  3. …e pensa che non fa legno, solo acciao

    non sono un fanatico del legno a tutti i costi…, è che quando l’ho bevuto a la Terra Trema avrei giurato che questo vino facesse passaggio in legno, ma il produttore mi ha detto che è il Gaglioppo che per tipologia di sentori può indurre a pensarlo.

    Cmq gran vino vero ?

    Anche il F36 P27 è buono buono buono, da beve compulsiva!

    Poi c’è anche la Riserva che fa legno, ho una boccia in cantina ma non ancora bevuta

    Andrea benvenuto nel club dei folgorati sulla via di Cirò Marina ! ; )


    • Ultimamente mi sono imbattutto in vini in cui il legno è stato usato decisamente male, per cui quando la botte è assente in affinamento non sono così dispiaciuto…
      Si davvero gran vino! Gli altri mi mancano (solo assaggi troppo rapidi un paio d’anni fa a Terre di Vite) spero di recuperarli quanto prima! 😉

  4. Hazel Says:

    Anch’io la prima volta che bevvi il gaglioppo di ‘A Vita trovai qualcosa riconducibile al nebbiolo.Da qualche parte si parla di una parentela col frappato che poi nel bicchiere e’ difficile da ritrovare.


    • In merito a parentele con nebbiolo non ho trovato nulla, ma sul frappato sono parecchio agnostico e proprio non saprei dirti se poteva avere qualche similitudine


  5. concordo andrea un vino passato in barrique è molto più difficile da digerire, io ormai faccio davvero fatica bere quei vini quindi oltre che una questione di gusto è anche una questione di stomaco

    recentemente ho aperto un patrimo 2001 (retaggio di altri tempi, di altri gusti… ) ci credi che non sono riuscito a finirlo… ?!?

  6. Massimiliano Montes Says:

    Codivido pienamente! L’ A Vita rosso è strepitosamente buono.
    Col nebbiolo ha in comune dei tannini astringenti (che a me piacciono tanto) che De Franco riesce comunque a ingentilire.
    Dopo avere bevuto i suoi vini, così come quelli di Scarfone o di Massimiliano Calabretta, mi chiedo perché spendere tanti soldi in un barolo 😉
    Ovviamente scherzo…


    • Ciao Max e benvenuto!
      Hai ragione, il sorso è comunque levigato e più caloroso e accogliente rispetto ai nebbiolo.
      Calabretta e Bonavita mi mancano, devo rimediare al più presto.


  7. Piccoli produttori nel cirotano, giovani, attenti e con la voglia di migliorare il loro lavoro nel rispetto della natura. Bravi, mi piacquero quando andai a visitare loro ed altri produttori con gli stessi ideali. Mi fece piacere constatare che fra di loro c’è uno spirito di unione e di condivisione di esperienze e conoscenze.
    La Calabria è una terra che amo e che nasconde delle preziose perle enologiche


    • Grazie Elena per essere passata.
      Purtroppo io ho poca conoscenza dei vini calabri, ma gli assaggi fatti (oltre ad ‘A Vita anche L’Acino) mi hanno sempre soddisfatto.
      Penso che la condivisone (anziché lo scontro) sia fondamentale per crescere.

  8. Paola Lantieri Says:

    A’ vita e’ davvero un vino “nebbioloso”, e secondo me non e’ tanto il vitigno, quanto invece il territorio. Anche il Faro Bonavita ha la stessa nota di ” nebbiolosita’”.


    • Ciao Paola, e grazie di essere passata! 🙂
      Vista la totale assenza di familiarità con il vitigno piemontese può essere proprio il territorio a conferire questa caratteristica

      In effetti me lo diceva anche Max Montes di questa peculiarità dei vini di Scarfone, ma l’assaggio ancora mi manca.


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