L’uva bicolore non è una chimera. Anzi sì.
Il grappolo d’uva qui sopra non è vittima di acinellatura. Sia gli acini bianchi che quelli rossi sono giunti a perfetta maturazione.
Non è nemmeno la strana creazione di manipolazioni di laboratorio.
Si tratta bensì di un fenomeno naturale. Raro ma naturale.
Stiamo parlando della chimera, fenomeno il cui nome si ispira probabilmente alla mitologia che così indicava un mostro il cui corpo era formato da parti di animali diversi.
Come ben si sa tutte (o quasi) le viti sono innestate, portainnesto di vite americana ed epibionte di vite europea. Se per caso nel punto d’innesto si viene a formare una gemma avventizia questa genererà un ramo con frutti (e anche foglie) il cui fenotipo presenterà caratteri sia del genotipo del nesto che di quello del portinnesto.
Probabilmente quando Giorgio Gallesio (1772-1839), botanico e pomologo italiano, dipinse nella Pomona Italiana l’Uva Bizzarria aveva come modello un grappolo soggetto al fenomeno della chimera.
Tag: chimera, vite, viticoltura
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12/11/2013 a 13:13
Ciao Andrea,
da poco ho parlato con un produttore di moscato del sud della Francia, che mi diceva del fatto che da loro il muscat a petit grains (dovrebbe essere il nostro moscato bianco) ha delle anomalie o mutazioni, oppure antichi cloni che sviluppano acini neri o addirittura grappoli neri.
Sembra che sia storico, cioè succede da sempre, ed addirittura in piante diverse, cioè non nelle stesse.
Ci sono piante che fanno un mix di grappoli neri e bianchi.
Questa però sembra più una mutazione genetica.
12/11/2013 a 13:28
Grazie Daniele per questo interessantissimo contributo. In realtà nei vigneti non dovrebbe essere facile trovare uve “bicolore” in quanto il punto d’innesto è in genere a livello del colletto e i rami che vengono generati dal tronco vengono sempre tagliati.
Se fosse però una mutazione genetica dovrebbe, nel lungo periodo, modificare totalmente il colore dei grappoli. Sarebbe interessante approfondire l’argomento!
12/11/2013 a 13:51
Vero Daniele,
per esenpio anche in Toscana a volte si trova il Sangiovese bianco che in alcuni casi è addirittura apireno.
12/11/2013 a 23:18
Apireno: questa me la devi spiegare però, per me è troppo difficile, non l’ho mai sentito prima:-)
12/11/2013 a 23:50
Eh si anche questa detta da un ampelografo. In alcune mutazioni (molto poche) sono state riscontrate alcune bacche apirene=senza semi.
13/11/2013 a 10:38
Grazie Davide, adesso ho capito 😉
12/11/2013 a 14:09
L’altra sera ho cercato qualche informazione su un grosso libro similenciclopedico del vino.
Anche li si parla di moscato rosa e non nero, come mi ha detto il francese, che però deve essere diverso da quello altoatesino.
Ho letto pure cose simili sul Pinot Nero, che genera ogni tanto bacche bianche.
Pare che il Pinot Bianco sia nato da una di queste mutazioni.
Ho sentito dire che il Pinot Nero non selezionato in cloni sia poco stabile e soggetto a mutazioni.
Ma non sono un botanico…..
12/11/2013 a 14:18
Il nero deriva dal bianco…a detta di un ampelografo.
12/11/2013 a 23:21
Vedi, come dicevo, non sono un botanico 😉
Probabilmente sul libro era scritto come dici tu, sono io che lo ho ricordato al contrario 🙂
Grazie della precisazione.
20/11/2013 a 13:05
Al tempo di Gallesio però l’uva non era innestata
Luk
20/11/2013 a 18:57
Proprio nessun innesto?
Interessante, quindi potrebbe essere una tipologia di uva o una mutazione…
A meno che allo stato selvatico non ci sia stata una casuale unione di bionti (dopo sfregamento per esempio) e una successiva gemma nella zona di unione. Ipotesi remota…però…